Raniero da Ponza morì silenziosamente, in una data e in un luogo che le fonti finora disponibili non permettono di precisare.
Esistono tracce di un cordoglio, almeno fra i suoi fratelli monaci, che nei tempi successivi, un decennio dopo, chiesero al Capitolo generale di commemorarne la morte.
Esistono vaste tracce di una sua memoria, in molte opere posteriori databili dopo il 1240, che lo citano, attribuendogli virtù profetiche. I titoli di tali testi sono rivelatori di questo alone leggendario e quasi esoterico che circondava il ricordo di lui: la Relazione sulle Sibille e Merlino, il Sui profeti, le Responsabilità dei profeti. Gli anni trascorsi accanto a Gioacchino da Fiore, con le sue note visioni profetiche, millenaristiche e mistiche, avevano lasciato una traccia anche in lui o, quantomeno, nel suo modo di esporre il proprio pensiero.
Nel complesso, tuttavia, Raniero è un soggetto dimenticato dalla Storia e anche dagli stessi ponzesi fra i quali la fama dei suoi valori non è certamente diffusa.
Necessità di approfondimenti
La ragione essenziale di queste ancora attuali incertezze è certamente dovuta alla scarsità delle fonti disponibili, alla quale si aggiunge forse anche una relativa disattenzione da parte di coloro che potrebbero e dovrebbero farlo riemergere dall’oscurità secolare.
La figura di Raniero non appartiene solo a Ponza ma costituisce un patrimonio inestinguibile della Storia di ogni tempo, come dev’essere per tutti coloro che promossero messaggi universali e tracciarono cammini ideali.
Per riportare la questione ad un giudizio più obiettivo occorrerebbe una ricerca apposita sugli scritti di Innocenzo III, o almeno sulle sue Epistole, per valutare se anche nei confronti di altri suoi uomini di fiducia o di suoi delegati abbia usato termini simili, quantificandone anche la frequenza. Si depurerebbero così le lodi a Raniero dalla eventuale enfasi in uso nei testi diplomatici e si valuterebbe la vera dimensione del suo ruolo nella Chiesa di quei tempi.
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