Non lontano da Ponza, a Celico, nei pressi di Cosenza in Calabria, era nato nel 1135 Gioacchino da Fiore. Circa nel 1175 Gioacchino entrò nel monastero cistercense di Corazzo, diventando priore e poi abate, ma il suo cammino era destinato a convergere con il percorso che Raniero stava compiendo.

Infatti, fra il 1182 e il 1188, a Casamari e a Petralata, dove Gioacchino si era ritirato, i due monaci si incontrarono e le loro due vite si ritrovarono comunque unite, come testimoniato sia nei racconti di Luca Campano (biografo di Gioacchino), sia in alcuni documenti cistercensi, sia nella letteratura gioachimita e in altre fonti che risalgono al XIII secolo.

A lungo camminarono insieme.

Nel 1189 Gioacchino si allontanò dall’ Ordine cistercense, trasferendosi in una zona più remota della Sila e fondando, a San Giovanni in Fiore, una comunità di eremiti. Anche Raniero, forse seguendo Gioacchino, forse per altri motivi, si allontanò dall’ambito cistercense.

I cistercensi incominciarono a manifestare preoccupazione e dissenso, nei confronti dei due confratelli che se ne erano andati più o meno ufficialmente.

Sorprendentemente da questo momento nella vita di Gioacchino non si parlò più di Raniero, anche se nell’autunno del 1192, come conseguenza dei loro atteggiamenti, il Capitolo generale dei Cistercensi inflisse un biasimo congiunto a Raniero da Ponza e a Gioacchino da Fiore, “ordinando loro di tornare ai loro posti, entro il 24 giugno dell’ anno seguente, sotto pena di essere considerati fuggitivi. La minaccia si concretizzò quando, nel 1195, Raniero e Gioacchino, constatato il loro allontanamento persistente, vennero definiti ufficialmente “fugitivi“.