Fugitivus
Raniero era pur sempre un cistercense e rimase tale nonostante le sue ripetute assenze dalla vita claustrale e le accuse di essere “fugitivus”, ovvero un monaco che si era fisicamente allontanato da una assegnata sede monacale, senza un permesso ufficiale, una situazione che condivise con Gioacchino.
Nel settembre 1192 il Capitolo generale dei cistercensi intimò a Raniero e a Gioacchino di presentarsi entro il 24 giugno del 1193:
A titolo di convocazione, vengano inviate lettere dal capitolo generale a Gioacchino, a lungo abate, e a Raniero, monaco.
Se però fino alla festa di S. Giovanni Battista questi avessero disdegnato di venire, tutti gli abati e i frati del nostro Ordine li evitino come fuggitivi. Riferisca loro la cosa qualcuno che deve recarsi alla corte del Signor Papa.
L’Ordine era quindi a conoscenza del fatto che Raniero era a Roma, presso il papa, ma rivelava, con questo scritto, che ciò era avvenuto senza un permesso formale.
Il papato, come riferiscono le fonti, si avvaleva spesso di queste chiamate di monaci cistercensi in ruoli importanti, essendo nota la loro seria preparazione religiosa e le concrete capacità operative. Il monachesimo in generale e quello cistercense in particolare formavano individui colti nelle cose di fede, di legge e di scienza, oltreché capaci ed efficaci nel raggiungere obiettivi tangibili.
Ciò doveva però compiersi secondo le norme, con concessione ufficiale da parte dei Capitoli, mentre le autorevoli chiamate papali avvenivano in modo sbrigativo, senza attenzione per le formalità.
Nel complesso, poi, questa sottrazione al chiostro di individui con vocazione monacale non era vista positivamente. E in assenza di un regolare permesso era di fatto una fuga, un venir meno all’obbligo di obbedienza.
